Possiamo considerare la bocca come un mezzo per scambiare amore e nutrimento ed i denti come strumento di scomposizione di questo nutrimento, quasi che non si possa assimilare la realta’ cosi’ come si da’, poiche’ risulterebbe indigeribile.
Cio’ vale sia per le esperienze sgradevoli ( si dice, infatti, “non riuscire a mandar giu'” qualcosa ), sia per quelle piacevoli che spesso preferiamo rammentare in un’attesa colma di desiderio e di aspettative. Si mette in atto, allora, la prima parte, la piu’ grossolana, di un meccanismo che ci conduce al ritmo dell’universo, mai immobile con le sue continue espansioni e contrazioni, scissioni e aggregazioni, che fanno si’ che l’immensamente grande sia imprescindibile dall’immensamente piccolo, o, come afferma la Tabula Smaragdina: ” Quod est inferius, est sicut quod est superius. Et quod est superius, est sicut quod est inferius”, cio’ che e’ in alto e’ come co’ che e’ in basso e viceversa, per cui a noi, microcosmo umano, e’ concesso rapportarci e perfino misurarci con esperienze quali il Numinoso, L’Eterno, gli Archetipi, il Se’, Dio… E’ cosi’ che l’assimilazione del cibo e della realta’, anche la piu’ ineffabile, tramite una frammentazione sempre piu’ minuta e molecolare, definisce noi esseri umani come accordi subentranti nella dinamica ritmica universale.
Come appare, in fonfo, illusoria quell’apprensione del mondo che chiamiamo “esterno”, quasi potessimo realmente stabilire confini, aperture, chiusure, cosi’ facilmente come accostando le labbra. E’ forse questo un dolore dell’uomo: non poter riconoscere in se stesso quegli identici atomi proiettati nel mondo; e’ per cio’ destinato a bramare la fusione in eterno, continuando cosi’ a creare atti manducatori, divoranti, ed ogni altro meccanismo sostitutivo d’incorporazione, piu’ o meno brutale. Si rende allora infinita la lotta per il possesso: di beni materiali, di conoscenza, di un Dio rigorosamente Celeste e appositamente lontano e ineguagliabile, o di piu’ umane creature che noi stessi talora eleviamo a semidivinita’, e sono i nostri amici, maestri, amanti, genitori, figli, l’Altro.
L’uomo spesso preferisce, infatti, arenarsi nello struggimento del Desiderio piuttosto che affrontare le fatiche della Volonta’. Sono atti inerenti l’incorporazione, o addirittura cannibalici, il bacio, l’allattamento, l’Eucarestia, atti mai duraturi, da rinnovare in continuazione, a rammentarci la possibilita’ della perdita, l’incertezza, ed infine la condanna all’umile ridimensionamento dell’immenso universo che siamo a piccole cose anelanti. Ma e’ con l’approfondimento della conoscenza di se’, con il perseguimento del Se’, con la fede nella realizzazione di un Progetto Interiore, che l’uomo contatta quel Dio che e’. Non e’ una facile avventura: la confusione, il dubbio, il dolore sono spesso compagne dell’uomo in questo Grande Viaggio verso l’Individuazione, che richiede fiducia e coraggio e che non a tutti e’ concesso ne’ conoscere ne’ desiderare.
E’ un viaggio che non solo dura tutta una vita, ma che puo’ realizzarsi in forme assai diverse tra loro: l’arte, la religione, la fantasia, i sogni, la soliderieta’ umana o l’eremitaggio, un’esistenza specializzata o, al contrario, svolazzante in ogni direzione, e molte altre, ma certo una via e’ quella che passa per il corpo. Il corpo che talvolta ci suggerisce, altre volte c’impone l’ascolto di cio’ che ha da dirci con la sua voce, che e’ talora canto sublime, tal altra e’ urlo possente, o, ancora, pianto sommesso. Ma e’ sempre e comunque rispetto e ascolto che dobbiamo al corpo, ad ogni sua parte: agli apparati, ai singoli organi, alle cellule giu’ giu’ fino ai piu’ microscopici organi intracellulari, ovunque il Se’ trovi la via piu’ opportuna per comunicare con la nostra coscienza, via che puo’ essere anche quella delle gengive e dei denti.
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